“Fanciullo tutte queste tue bellezze
in questa cameretta mia borghese
fra la città severa che non sa niente di tutte queste tue bellezze.”– Sandro Penna.
Il Biondo e il Moro hanno vent’anni, sono belli e si vendono per poco alle signore di Treviso e provincia, fra ville del Palladio e centri commerciali. Hanno le idee chiare sul futuro e hanno messo su un’ impresa manageriale in perfetto stile Padania: vivono e pensano in coppia, da quando la loro avventura è cominciata.
“Eravamo in biblioteca a fare una ricerca per la scuola”, dice il Biondo spostando un ciuffo di capelli ariani dalla fronte, lamentandosi dei pochi soldi che girano, fra la crisi, i cinesi che rubano il lavoro, la famiglia che non aiuta. “… Mi ha detto di questo suo amico che faceva il gigolò con le signore bene… Mi è sembrata una buona idea” continua il Moro, bocca carnosa, ricci scuri e selvaggi.
Hanno preso il diploma, poi hanno cominciato a prostituirsi. Sono tornati nella stessa biblioteca e hanno stampato centinaia di volantini con cui hanno tappezzato i muri di Treviso: il Biondo & il Moro gigolò professionisti al tuo servizio per qualsiasi tuo desiderio… a un prezzo serenamente trattabile massima riservatezza e completa soddisfazione!
Le femmine trevigiane sono accorse: attualmente contano circa sei clienti fisse al mese che gli garantiscono affitto e sussistenza. Poi ci sono tutte le altre. Casalinghe annoiate da mariti distratti e spesso fuori per lavoro, donne impegnate che non hanno tempo per una relazione, giovanissime che si fanno le ossa con un prestante maschio a pagamento.
Il segreto di tanto successo non dipende solo dall’età e dall’autentica bellezza, ma da un preciso ragionamento economico che frutta ottimi guadagni.
“Partiamo da una tariffa base di cinquanta euro. Cerchiamo così di avere più clienti: abbassando i costi si impenna la richiesta”. Ma se una cliente arriva con una Vuitton a tracolla e tacchi Gucci, il prezzo sale. “Ci rendiamo conto di chi abbiamo davanti, e chiediamo a seconda delle sue possibilità”. Una forma originale di mutuo soccorso. “Oppure, “ dicono “chiediamo di fare un’offerta libera: lì si arriva anche a due-trecento euro.”
Il Biondo e il Moro si mostrano maturi, le voci profonde, i gesti pacati. Vestono alla moda, risaltando quel corpo che gli garantisce un buon tenore di vita.
“Il mio sogno è mettere quanti più soldi da parte per costruirmi una famiglia… Voglio una donna giusta, preferibilmente vergine. E onesta.” il Moro è categorico, e i suoi modi ricordano vagamente quelli di un ragazzo altrettanto moro, altrettanto deciso: Fabrizio Corona, anche lui un millantato peccatore con ambizioni tutte terrene, tradizionaliste.
Il Biondo è più tollerante. Neanche a lui piacciono le ragazze disinvolte, e sopporta con fastidio quelle che gli si lanciano al collo “Così tolgono il piacere della conquista”, dice “però lui è troppo antico!” ammicca verso l’amico.
Le prostitute, loro, non le hanno mai viste di buon occhio “La donna riceve, l’uomo concede. Per ricevere è fondamentale che esista una forma di intimità. Per noi maschi è diverso”.
Fanno sesso più volentieri per denaro. Consumano il tempo con le signore che chiedono conforto, poi vanno via, dimentichi dell’incontro. Non si affezionano. Diffondono complimenti e rose e scompaiono come temporanei dispensatori d’amore. Le clienti, dicono, sono tutte soddisfatte.
“Una l’altra sera mi ha chiesto di cucinare nudo con addosso solo un grembiule, mentre lei si divertiva da sola sul tavolo” fa il Biondo con poco entusiasmo. L’impressione è che questi due ragazzi si divertano molto poco: non c’è sperimentazione, non c’è gioia, non ci sono forme d’amore, nemmeno illusorie. L’unico scambio consentito è quello economico. Non ci sono fidanzate né amiche, non ci sono donne sagge a consolare e proteggere questi due giovani esemplari maschi lanciati alla scoperta di un mondo sempre meno disposto a concedere spazi liberi, a regalare momenti ludici, privato dell’elemento del sogno. Il senso di frustrazione è palpabile quando il Moro sostiene che “le donne vanno castigate” o quando il Biondo confessa che al terzo incontro sessuale il dolore fisico supera il piacere. Sembra di parlare con due uomini maturi feriti da delusioni e donne poco compassionevoli. Ma invitati al gioco si mostrano per quel che sono: due ventenni ancora incerti, due uomini in cerca di una speranza.
Fanno una dieta precisa per ottimizzare le prestazioni: tanto peperoncino e parmigiano. Il primo aumenta il flusso di sangue, il secondo migliora il sapore dello sperma. Quello che probabilmente impareranno col tempo è che solo l’età è in grado di garantire un certo grado di vigore, e lì non c’è soldo che tenga. Ma loro, tanto, non vogliono fare il mestiere per tutta la vita. Vogliono diventare imprenditori, decisi a rimanere in questa città dal cielo di latte e dagli edifici del centro di marzapane.
Il Biondo e il Moro non scelgono: sono loro a essere scelti o meglio, comprati. Il Moro non si lascia comprare da tutte. “Con quelle proprio brutte non ce la faccio”, dice. E mentre gli chiedo qual è il limite estetico oltre il quale non riesce a spingersi, passa una donna che ha superato di molto la menopausa, piumino marrone su spalle massicce, gonna di jeans alle caviglie, capelli tinti stopposti e un incedere stanco, dimesso. “Quella per esempio: mai!” il Moro la indica.
Il Biondo, al buio, non traccia differenze. Per lui tutte le donne sono uguali, con qualcuna di loro riesce persino a godere. Prima di incontrarli mi aspettavo due mascalzoni fieri del proprio uccello, felici di poter godere di più femmine al giorno. Ma il Biondo e il Moro sono autentici figli di questo pezzo d’Italia, fatto di contraddizioni e di finta quiete, diviso fra bellezze neoclassiche del XVIII secolo e ferro e stantuffi di complessi industriali popolati di lavoratori immigrati pagati in nero che la popolazione locale accusa di rubar lavoro, quando dovrebbe prendersela con gli imprenditori disonesti.
Il Biondo e il Moro si incastrano perfettamente in questo paesaggio, dove fino a qualche mese fa, prima che Le Iene facessero irruzione, esisteva un bordello in un palazzo signorile del centro storico. Il tabaccaio, quando gli chiedo di indicarmelo, spinge gli occhi in giù, spazientito dall’ennesimo avvoltoio che cerca di rintracciare la lussuria nel suo quartiere. Due uomini trevigiani corrono in mio soccorso: le ragazze, a quanto pare, continuano a svolgere l’attività, e ogni tanto le vedono, belle e malinconiche, affacciarsi dalle finestre del primo piano. Oggi si vedono molti meno maschi entrare e uscire dal condominio, spaventati dalla stampa e dalla tv che potrebbe riconoscere importanti imprenditori e politici. Ma di quel posto tutti sapevano tutto da sempre e godevano dei vantaggi, ognuno a modo proprio. A cominciare dalla madama, finendo col fornaio.
Nel Paese del “tutto è concesso, niente si dice”, questa città del nord est pare farne esempio. Nella regione più popolata di locali scambisti e sexy shop, i baby prostituti forniscono nuova carne per nuovi desideri; le case chiuse offrono cosce calde dentro cui riposare dopo una giornata scandita da appuntamenti e riunioni del CdA.
Il rischio reale è quello di uno scollamento fra i desideri personali e la necessità di ritagliarsi uno spazio nel mondo: se anche il sesso è percepito come merce, prodotto di una società consumistica, il danno potrebbe essere irreversibile non solo per il cuore (ormai così anacronistico), ma persino per il desiderio, che costituisce la struttura ossea del sesso, dell’amore e del mondo intero tutto.