24.05.2011 – La Dea Bianca
Vado a fare un viaggio ad Haiti, da alcuni parenti di lui. Lascio la mia casa a sua madre per un po’ di tempo. Durante il viaggio scatto foto con una pellicola arrugginita, l’effetto è meraviglioso. Fotografo spesso una cugina di famiglia, una ragazza nera bellissima. Quando ritorno a casa noto che sono stati cambiati alcuni mobili e, al posto del lampadario di vimini in cucina, è stato appeso un lampadario colorato anni ’70. Dalla libreria in corridoio manca un pezzo raro, una tegola del 1500 di grande valore, una cosa antica. Chiedo a lui se per caso l’abbia preso, risponde di no. Io non gli credo, ma non ho prove per accusarlo. Lui si defila, non vuole più affrontare il problema. Nella libreria ci sono invece decine di statue di Dee. Due in particolare attirano la mia attenzione: una bianca d’avorio, regale, scolpita nell’atto di camminare. Stringe un bastone in una mano, sul petto è fissato un cuore rosso, il cuore sacro. L’altra è una figurina più modesta, grigio-azzurra, accovacciata sulle gambe, occhi molto grandi e vivi. Quando quest’ultima tenta di avanzare, la Dea Bianca la blocca con un braccio, imponendole di camminare alla sua stessa velocità. Così nessuna delle due precede l’altra.
3 luglio 2011 – Il Nano
Davanti alla porta di casa mia c’è un nano texano con un cappello da cowboy e una valigetta da lavoro di plastica verde. E’ un rappresentante, vuole farmi una dimostrazione dei suoi prodotti. Lo faccio entrare e, mentre gli preparo il caffè, lui va in camera da letto e comincia sistemare le sue cose. Io non gli ho ancora chiesto cosa vende, sembra non interessarmi.
Quando lo raggiungo con le tazzine di caffè, lo trovo molto più di entusiasta di prima. Sta trafficando con la sua robaccia sopra il letto. Alzo gli occhi al soppalco e il mio gatto Annibale se ne sta seduto tramortito, drogato. Attorno al suo corpo, come un’aura, ci sono delle zanzare schierate in ordine matematico. Chiedo spiegazioni al nano e lui mi dice che fa parte di una setta che odia i gatti, considerati il male diabolico, e se ne va in giro a liberare feroci pipistrelli che con un morso al collo del gatto, riescono a tirare via tutto il male e a trasformare gli stessi gatti in pipistrelli. Mentre mi parla comincia a spogliarsi poi, completamente nudo, si sdraia sul mio letto. Ha un corpo abominevole: non ha alcun sesso. Al posto del pene c’è un taglio sgraziato, ma non è una vagina. L’ano è chiuso. Non è uomo e nemmeno donna. Gli tiro pugni sullo stomaco. Annibale ha le prime convulsioni, la trasformazione sta per cominciare, ma il nano mi dice che ci vorrà tempo. Prima avrà solo le convulsioni e sarà metà gatto e metà pipistrello. Dopo si trasformerà completamente in un pipistrello, “ma senza perdere la sua forma di gatto” dice.
Esco di casa con l’intenzione di trovare un antidoto, viaggio, mi perdo, Incontro persone che vogliono aiutarmi.
Per qualche ragione, molto tempo dopo, Annibale guarisce.
3 agosto 2011 – The Phenomenal
Io e un amico guardiamo una serie televisiva che ha molto successo fra i teenager, “The Phenomenal”. In ogni episodio si incrociano le vicende di tre gruppi di personaggi: i primi sono una famiglia di contadini che si fanno la guerra fra loro, all’inizio del 1900. Tutti i familiari cercano di uccidersi in modi efferati e creativi. Il secondo gruppo è invece formato da giovani vampiri. Il terzo gruppo vive nella reggia di una potentissima Regina cinese, vecchia e avida, che possiede un harem di giovani ragazzi al di sotto dei 25 anni e un centinaio di schiave femmine che soddisfano ogni desiderio e capriccio dell’orribile vecchia. Io sono una di queste schiave e ogni giorno, insieme alle mie sorelle, assisto alla messa officiata dalla Regina in persona. Ci disponiamo in cerchio attorno al cerchio più piccolo dei maschi amanti della regina; loro si sentono moralmente superiori a noi ma, secondo la legislatura dell’Impero, noi schiave veniamo subito dopo la regina e i maschi ci sono inferiori. Essendo tutti giovanissimi e stanchi di fare l’amore con una donna anziana e brutta, i maschi vogliono noi schiave, che invece siamo giovani e belle. Mentre assistiamo a una messa fra incensi e musiche, uno dei maschi fa un gesto verso una delle schiave e viene subito intercettato dalla Regina. La legge proibisce all’harem di avere rapporti sessuali al di fuori del letto imperiale. Così il ragazzo viene condannato a morte. Si fustiga da solo ammettendo le proprie colpe e viene mandato alla forca.
Il giorno seguente due ragazzi ci provano con me. Uno mi chiede di toccare il suo pene, l’altro mi sfiora una gamba sorridendomi. Mi innamoro di entrambi, ma sento già la tristezza della sconfitta perché so che quei ragazzi non potranno mai essere miei amanti. La Regina scopre il reato dei ragazzi e li condanna a morte. Li seguo piangente verso il patibolo, ma con grande sorpresa scopro che solo uno sarà giustiziato, risparmiando la vita all’altro. Quello che morirà sarà quello che mi piace di più, quello che mi ha guardato la gamba e ha sorriso. Ha il volto da bambino, i capelli lunghi e lisci, lineamenti femminili. L’altro, sebbene molto giovane, dimostra più anni: ha la barba, è molto virile, spalle larghe, pieno di shining. Mentre mi passa accanto scortato dalle guardie imperiali, mi passa una mano sulle costole.
Mi innamoro perdutamente.
1 ottobre 2011 – La città di King
C’è una coppia di fidanzati che mi accompagna a visitare la città di King. E’ piena di luci, in passato deve essere stata piena di vizi e schiamazzi, le insegne al neon pendono dalle finestre sulle strade deserte, tutto è decadente e abbandonato, qualche abitante di King attraversa la strada chiuso nel suo cappottaccio nero. Poi il fidanzato della coppia mi chiede se voglio vedere una cosa speciale, mi indica una parete di vetro non più grande di una porta, ha gli angoli smerigliati e un tondo al centro, trasparente.
“Guarda dentro” mi dice.
Il tondo è una lente, si possono vedere cose che a occhio nudo non è possibile vedere. Attraverso la lente la città di King è sfavillante e maestosa. Torna a essere ciò che era stata un tempo: casinò aperti, coppie felici per strada, la musica riempie le strade uscendo dalle finestre. Sono così contenta che mi abbiano mostrato questo prodigio che decido di non lasciare la coppia.
Camminiamo a lungo, arriviamo in un pianeta nuovo, una nebulosa coloratissima dove ognuno vive liberamente la propria vita, senza curarsi di regole, imposizioni, responsabilità.
Incontriamo un luogo che sono sicura di avere già visto: è una villa liberty dalle forme morbide, come una veste di seta che scivola sul prato brillante. La villa è bianca, le finestre sono azzurre, le vetrate mostrano scene bucoliche, animali mitologici, ricordo un pavone. Il giardino intorno si divide in più parti: un pendio con il prato, una pianura di sabbia sottile su cui sono distribuiti tronchi d’alberi antichissimi, forme evocative. Sul retro della villa c’è un bosco, se ne vede il principio. So che nel bosco ci sono i daini e i cervi, lo so perché ci sono già stata, molto tempo fa, troppo tempo fa.
La coppia non vuole entrare nella villa, dicono che è inutile. Ma io li convinco, voglio solo fare un giro dentro, vedere cosa è cambiato.
Adesso è aperta al pubblico. I turisti comprano souvenir, ma sono turisti educati, molto silenziosi.
Usciamo, costeggiamo i margini di un porto. Sembra il lungomare di Le Havre.
Incontro Colette e Edith Piaf.
0 thoughts on “Traumfabrik #2” Commenti
Silvia Silvia
Anche io faccio sogni strani a volte, ma tu li batti tutti, non ho dubbi.
seralf seralf
certamente già lo sai, ma la Dama Bianca è un personaggio ricorrente, che appartiene un po’ anche all’inconscio collettivo. Chissà cosa voleva dirti? 🙂
saluti