Melissa P. Al telefono per raccontare la nuova esperienza editoriale.
Mi da subito l’impressione di una persona estremamente sensibile. La nostra conversazione inizia con una domanda base. Se le piace quando le danno l’etichetta di “personaggio”. Molto sinceramente mi risponde: No.
Successivamente si parla di Melissa da bambina, dei giochi, delle scelte…
Risponde di essere stata una bimba solitaria, taciturna, di aver fatto giochi “strani” come la psicologa. Inoltre racconta anche della sua amica “virtuale” il suo Alter-Ego – Lucia.
Ripercorriamo alcuni scritti che sembrano rappresentare una sorta di porta che l’Autrice interpone fra sé¨ e le relazioni esterne. Il Media per esprimere le proprie emozioni. Non mancano riflessioni sui temi affrontati da Melissa nel suo ultimo libro “Nel nome dell’Amore” (2006 – Fazi Editore). Afferma che i veti e le questiono affrontate hanno subito una sorta di censura da parte della Chiesa. Mi dice «mancano certezze nella società odierna, quelle conquistate».
Il focus viene spostato al suo blog in internet. Non è dipendente ha un rapporto «formale, non mi faccio ingoiare.». Rispetto ai suoi lettori chiedo come mai esista una scissione così netta fra chi si identifica nelle domande dell’Autrice e chi invece più conservatore le punta ill dito contro. «Sono molto felice di questa realtà. C’è chi s’identifica nei miei scritti chi No. Chi afferma che è un’opera pornografica, un’operazione di marketing… L’importante è prendere posizione. Viviamo in un’Italia divisa. Due menti, due cuori, due… La missione del libro afferma Melissa non è la risposta dal Cardinale ma far riflettere il lettore su argomenti spesso censurati solo per ragioni puramente di costume.
”Melissa P.”, personaggio molto controverso. Ti piace quando ti si chiama “personaggio”? Sinceramente no, io sono abituata a vedermi come persona, sono gli altri che mi vedono come personaggio!
Melissa Panarello. Mi piacerebbe fare una fotografia della tua vita prima che tu diventassi “Melissa P.”? Ero una bambina molto solitaria, giocavo molto spesso da sola – anche perché al tempo ero ancora figlia unica – ad avevo, come molti bambini, una amichetta immaginaria: la mia si chiamava Lucia e con lei facevo giochi un po’ strani: la psicologa, l’agente immobiliare… dai 5 anni in poi il mio passatempo preferito è stato scrivere.
La tua prima pubblicazione, “100 colpi di spazzola prima di andare a dormire” è un diario che possiamo dire rappresenti la tua porta di comunicazione con il mondo…? Tutto ciò che scrivo rappresenta una porta di comunicazione con il mondo. La scrittura mi è sempre servita come binario per esprimere me stessa, i miei bisogni, le mie urgenze. Ci sono stati molti esempi prima di “100 colpi”, mai pubblicati, che mi sono sempre serviti per esprimere il “disagio” cui non sono più riuscita a dare un nome ma che mi sento dentro; la scrittura mi serve a tirare fuori tutto ciò che mi inquieta.
Tu hai definito il tuo modo di scrivere molto lontano da quello della Fallaci (che veniva subito dopo di te nelle classifiche di vendita). Perché questa distanza così netta? Oltre al modo di scrivere, di cui ciascuno ha il suo, io mi riferivo soprattutto alle idee politiche, che non condivido affatto. Quando mi si chiede se mi riconosco in Oriana Fallaci posso solo dire di no.
Quanto Melissa P. è una persona sola? Mah, all’inizio questa solitudine mi dava un po’ fastidio… il non amare la vita mondana, uscire con gli amici… poi ho capito che sto meglio a casa, nel mio mondo, e quindi non ne devo soffrire.
Tu dici spesso “è come se fossi morta e poi rinata”…? Dicevo spesso a mia madre: “Guarda, a 17 anni forse morirò:” e lei si inquietava molto. Io credo che non si nasca quando si nasce biologicamente, ma quando si acquisisce una propria identità e si è coscienti di se stessi: a me questo è successo a 17 anni! Sono stata una veggente in questo caso, però è successo!
Sei nata a Catania e vivi a Roma. Ti viene mai il desiderio di tornare indietro? Quello che mi manca non è la città in sé, ma la condizione umana che si trova in un paese piccolo e non in una città grande. A Roma mi sento in una condizione un po’ disumana, perché l’individuo singolo non viene molto preso in considerazione.
”In nome dell’amore”, la tua nuova pubblicazione, è una lettera aperta al cardinale Camillo Ruini, un personaggio importante del mondo ecclesiastico…? …e non solo! Un personaggio importante anche nello stato italiano. Non si può vivere n uno stato laico in cui la chiesa interviene sempre sulle questioni che dovrebbero riguardare esclusivamente i cittadini. La motivazione della lettera aperta è la condizione di una ventenne come me che sente minacciata la propria libertà di scelta. Qui non si parla solo di idee del cardinale Ruini o delle idee cattoliche – rispettabilissime e che non intendo mettere in discussione – si parla del fatto che queste idee vadano ad intaccare la struttura di uno stato e la sua legislatura. La decisione di rivolgergli delle domande – perché è appunto questo che faccio nel libro – nasce da questo disagio.
Sono domande che fanno riferimento a problemi molto discussi della società contemporanea: omosessualità, matrimonio, aborto, divorzio…? Prima c’erano più certezze: non si discuteva della legge 194, della pillola abortiva, dei pacs… Dalla morte di Papa Giovanni Paolo II la chiesa ha cominciato ad ingerire pesantemente su questi temi.
Il tuo blog è molto attivo, un’altra “porta di comunicazione” attraverso cui manifestare i tuoi pensieri? Con internet ho un rapporto molto formale e molto discreto. Non lo uso come un mezzo onnipotente e lo uso con molta oculatezza. Il mio blog non è molto aggiornato, scrivo di tanto in tanto, però è molto seguito. Ho dovuto chiudere i commenti perché i rancori, gli odi ed il disprezzo di alcuni miei lettori si riversavano tutti lì e non era quello il punto cui volevo arrivare.
C’è chi ti ama e chi ti odia? Io sono molto contenta di questa scissione netta di opinioni perché quando un libro ed il suo autore provoca tanta divisione vuol dire che ha fatto qualcosa di buono. Non avrei preferito stare nel mezzo, è una cosa che odio. L’Italia ha due teste, due cuori, due anime e anzi ne ha molte di più. Nei confronti del mio libro c’è chi ci si è ritrovato, magari non come esperienze ma come stato d’animo, e c’è chi invece – magari senza averlo letto – lo ha classificato immediatamente come opera pornografica, opera falsa, come un’operazione di marketing. Questa divisione l’abbiamo vista con le recenti elezioni.
In un senso o nell’altro purché se ne parli? No, non sono di questo avviso. Non voglio assolutamente la fama ad ogni costo. Non lo reputo necessario né per la mia persona né per la mia professione.
Pensi che il cardinale ti risponderà? Non penso proprio, metterebbe in discussione secoli e secoli di dogmi cattolici. Abbiamo visto ultimamente le dichiarazioni del cardinale Martini, sulle quali la chiesa non si è esposta; non si sa da che parte stia. Se la chiesa non risponde a Martini, figuriamoci a me! Ma il libro non è rivolto solo a Ruini, è rivolto a tutte le persone che la pensano come lui: nei loro confronti, e soprattutto nei confronti delle nuove generazioni – chi ha 50 o 60 anni ha oramai il proprio vissuto, ed è un po’ più duro da smuovere – che devono ancora formarsi e possono riflettere su questi temi, penso che il libro possa fare del bene.
Qual’è la cosa che ti ha emozionato di più del tuo libro? Le dichiarazioni del cardinale Ruini mi hanno emozionato. In negativo.
Grazie per esser stata in EXTRANET. Grazie a voi…